mercoledì 24 dicembre 2008
Andrea Neri e Gil Consorti per GRAVITY ZERO Diving TEAM
domenica 14 dicembre 2008
mercoledì 10 dicembre 2008
Tony Lombardi by GRAVITY ZERO Diving TEAM
domenica 7 dicembre 2008
sabato 6 dicembre 2008
Marcus Werneck by GRAVITY ZERO Diving TEAM
lunedì 1 dicembre 2008
Gianni Calandrelli by GRAVITY ZERO Diving TEAM

www.gravityzero.it
in collaborazione con
SCUOLA SOMMOZZATORI ANIS CASERTA
www.aniscaserta.com
domenica 30 novembre 2008
Miroslav Stehno by GRAVITY ZERO Diving TEAM
mercoledì 26 novembre 2008
Andrea Pregnolato by GRAVITY ZERO Diving TEAM
lunedì 24 novembre 2008
Presentazione programma "I SUIT" muta stagna personalizzata by GRAVITY ZERO
Opzione colore: NERO/NERO , NERO/ROSSO , NERO/GIALLO , NERO/LIME , NERO/GRIGIO , NERO/VERDE OLIVA , NERO/TURCHESE , NERO/BLU , NERO/PURPLE, NERO/ARANCIO.
Opzione materiale copertura: CORDURA o NYLON.
Opzione collarino: NEOPRENE o LATTICE.
Opzione calzare: SOFT BOOT o CON SOLETTA.
sabato 22 novembre 2008
venerdì 21 novembre 2008
Alessandro Pasquariello by GRAVITY ZERO Diving TEAM
mercoledì 19 novembre 2008
EROGATORI per subacquei

La funzione primaria di un erogatore è quella di consentire la respirazione in immersione. Se ci limitassimo all’essenziale, tale funzione viene assolta dalla totalità degli erogatori in commercio e potremmo, quindi, affermare che gli schemi progettuali di tali strumenti siano tutti efficaci. Si potrebbe essere portati deduttivamente a pensare anche che gli erogatori siano tutti uguali o che ci sia una certa omogeneità di prestazioni, ma ciò in realtà non corrisponde al vero. Abbandonando tale semplicistica visione che impedisce di affrontare il problema in maniera compiuta, si può affermare che: non basta fornire aria al subacqueo, ma è necessario fornirla in un certo modo. L’erogatore è, infatti, il cuore pulsante dell’apparato subacqueo, il più importante ed il più delicato.

Molto importante, invece, è la modalità con cui l’erogatore fornisce aria respirabile, cioè la qualità dell’erogazione. Determinante è: quanto l’erogatore ci consente di respirare in immersione in maniera naturale. Lo sforzo inspiratorio quanto lo sforzo espiratorio devono essere molto bassi, l’erogazione deve essere lineare, senza inutili quanto fastidiose “sparate” d’aria. Se consideriamo, quindi, l’erogatore sotto l’aspetto della qualità dell’erogazione, l’offerta del mercato diventa - così - molto più ristretta. Anche la normativa, che fissa le prestazioni minime che uno strumento deve avere, non è omogenea.
Lo standard CE EN250 è molto meno significativo del parametro fornito dalla US NAVY (norma molto più restrittiva della EN 250). Sarà da preferire, ovviamente, uno strumento che disponga di questa seconda certificazione.

Sul mercato, a fronte di un’offerta apparentemente molto diversificata, poche sono le novità di rilievo nella produzione. Nel catalogo di molte aziende si avvicendano, con una frequenza molto più elevata che in passato, numerosi modelli di erogatore che si distinguono dai vecchi nella forma esteriore, restando spesso nella sostanza le medesime macchine. Di converso, altre aziende mantengono in catalogo modelli ben collaudati che resistono per anni senza modifiche, a riprova della validità dei progetti iniziali. Nella scelta, quindi, non lasciamoci ingannare da chi presenta ogni stagione modelli nuovi e accattivanti: poca tecnologia e molto marketing.
Sul versante dei materiali impiegati, valutare la qualità e la convenienza dei materiali impiegati è cosa molto difficile per un non addetto al settore. Alcuni materiali, come ad esempio le leghe leggere o il titanio, non aggiungono nulla in termini di prestazioni e sono a volte causa di qualche problema in fase di impiego reale.
Inoltre, l’impiego di taluni materiali fa aumentare considerevolmente i costi rispetto all’impiego dei ben collaudati materiali tradizionali.

Schematizzando:
attacco DIN 300 bar che monta su tutte le rubinetterie in circolazione
attacco a staffa INT 232 bar da utilizzarsi fino a detta pressione di esercizio
Se osserviamo con attenzione cosa accade nella produzione noteremo alcune incongruenze proprio in relazione agli attacchi. Ci sono aziende che commercializzano bombole da 18 litri a 220 bar di esercizio ed erogatori con attacchi DIN 200 bar (stampigliatura sull’attacco). Appare evidente che montare un attacco DIN 200 bar sulla rubinetteria di una bombola carica a 220 bar crea qualche problema in termini di sicurezza. Spesso nulla accade, proprio grazie ad una certa tolleranza dei pezzi che sono sovradimensionati rispetto all’impiego per cui sono progettati. L’operazione è, comunque, sempre impropria quando non si rispettano le pressioni di esercizio di erogatori e relativi attacchi.
Nella scelta dell’erogatore va tralasciato il più possibile il discorso estetico. La scelta cadrà sulla robustezza, l’affidabilità e la qualità. Verifichiamo l’ergonomia dello strumento. Il numero di attacchi di alta e bassa pressione devono essere sufficienti e ben distribuiti sul corpo del I° stadio per tutte le necessità. Le torrette girevoli sono inutili se le prese LP e HP sono ben orientate.
Sul secondo stadio verifichiamo invece la presenza o meno di pomelli vari di regolazione e poi chiediamoci se effettivamente ci servono o costituirebbero solo un’ulteriore complicazione in fase di manutenzione. La presenza di un boccaglio anatomico e ben conformato aggiunge parecchio comfort all’erogatore nell’uso quotidiano.
Da considerare anche con attenzione l’uso che faremo del nostro erogatore: immersioni in acque fredde (sotto i 15°C), immersioni in acque ricche di sospensione, immersioni lavorative, ecc..
Tendenzialmente, un modello di erogatore con I° stadio sigillato risolve le problematiche sopra citate senza l’ausilio di kit specifici.
Per quanto riguarda le prestazioni, orientiamoci in maniera decisa verso erogatori di fascia alta in quanto a performance. Comfort e sicurezza devono essere i parametri guida per poter godere appieno delle immersioni, piuttosto che il risparmio di qualche decina di euro.
Nella scelta dell’erogatore, un discorso spesso trascurato è quello della manutenzione, in termini di costi e disponibilità. I pezzi di ricambio devono essere facilmente reperibili e non devono avere un costo esagerato. Spesso la “ricambistica” ha in Italia un costo spropositato rispetto al valore del prodotto stesso. Richiediamo al rivenditore, se possibile, uno spaccato dell’erogatore che ci interessa con i relativi codici e costi al pubblico dei ricambi e dei kit di manutenzione programmata. Scopriremo dei particolari molto interessanti.
Sistema Octopus o due distinti secondi stadi? Molto meglio due erogatori distinti e separati, di pari livello.
Ho sentito spesso istruttori suggerire agli allievi di acquistare un secondo erogatore di basse prestazioni perché tanto non lo si usa mai ed altri suggerire di acquistare un secondo erogatore di prestazioni ancora migliori del primo. Entrambe le affermazioni sono errate. Un secondo erogatore potrebbe essere impiegato in un ipotetico caso di emergenza e quindi un erogatore di scarse prestazioni creerebbe ulteriori problemi proprio nella delicata fase di un’emergenza. Un secondo erogatore migliore del primo finirebbe per essere utilizzato come erogatore primario, perché non avrebbe senso alcuno respirare sempre da un erogatore di basse prestazioni. La soluzione corretta è adottare, da subito, due erogatori separati di ottimo livello ed identici in modo da alternarne l’uso in immersione (o anche in più immersioni) in modo da sfruttare entrambi ed abituarsi, nel contempo, a cambiare erogatore in immersione. Ciò consentirà di verificarne continuamente il corretto funzionamento di entrambi ed eventualmente intervenire con la manutenzione.
Cinghiolo a molla per pinne
CINGHIOLO A MOLLA INOX
by
Non parliamo di un cinghiolo a molla qualsiasi ma di un qualcosa specificamente studiato per adattarsi a differenti tipologie di pinne e regolabile.
Regolabile = lo stesso cinghiolo si adatta a differenti calzate (non è il subacqueo che deve adattarsi alla lunghezza della molla!).
La regolazione avviene con un metodo semplice ed affidabile:
la piastrina di collegamento molla / pinna presenta ben 6 differenti posizioni di aggancio.
Il montaggio è semplicissimo e non occorre forzare niente: la piastrina è conformata per agganciare semplicemente la fibbia del cinghiolo standard ed il fissaggio avviene con il più semplice dei sistemi, bullone e dado autobloccante.
Il cinghiolo a molla è rivestito con un tubo in PVC trasparente per non avere alcuna interferenza tra subacqueo e molla in acciaio.
Quale vantaggio nell'adottare un cinghiolo a molla?
A parte prevenire il raro caso di rottura del cinghiolo tradizionale, evento estremamente raro con cinghioli di buona qualità, avremo una velocità di vestizione e svestizione della pinna eccezionale.
Infatti il cinghiolo a molla opportunamente regolato sulla nostra taglia non necessiterà di alcun aggiustamento successivo divenendo di fatto "il nostro cinghiolo" su misura.
Le immagini che seguono illustrano come si installa il cinghiolo a molla.
Per maggiori informazioni:
Le pinne del subacqueo
E’ indubbio che progressi enormi sono stati raggiunti nel settore dei materiali e del design ma occorre sempre tener presente che mentre il design tende a far aumentare l’efficienza e l’efficacia di uno strumento, la ricerca nel settore dei materiali tende ad ottenere significativi risparmi sui costi.Ecco che la gomma viene soppiantata dai materiali termoplastici che se hanno una durata all’invecchiamento decisamente migliore hanno anche una resa inferiore rispetto alla gomma stessa.Da studi specificamente indirizzati al settore aeronautico e dallo studio delle pinne di animali acquatici si è preso spunto per disegnare pinne sempre più efficienti. Chiariamo il concetto di utilità della pinna: amplificare la spinta che potrebbero avere i piedi nudi. In pratica la pinna, grazie alla sua forma, consente di spostare una maggior massa d’acqua per ottenere una spinta propulsiva più elevata. Maggiore la massa d’acqua interessata maggiore la spinta.
Ovviamente avere una spinta propulsiva eccezionale ma non essere in grado di utilizzarla per mancanza della potenza necessaria a gestirla è inutile. Le pinne allora devono essere adattate alla morfologia del subacqueo medio per consentire ai più di impiegare con efficacia lo stesso strumento.
La pinna quindi non deve solo sviluppare il massimo in termini di prestazioni ma deve essere fruibile dalla massa (salvo il caso delle pinne specialistiche).L’obiettivo finale della ricerca è quello di ottenere un prodotto industriale con caratteristiche di elevata efficienza ed efficacia. Efficienza intesa come massima resa in relazione alla forza applicata ed efficacia intesa come essere in grado di assolvere al proprio compito di facilitare lo spostamento del subacqueo.
Purtroppo quando si concepisce un attrezzo che possa essere utilizzato dai più occorre rinunciare a qualche caratteristica o meglio prescindere da qualche dato importante tipo la tecnica per utilizzarlo.
Il maggior limite di una pinna è molto spesso nel subacqueo che non ha la tecnica per impiegare al meglio la propria attrezzatura: non conosce la tecnica della pinneggiata.
I maggiori produttori hanno capito perfettamente questo aspetto e ne hanno fatto un punto di partenza per la progettazione. Se da un lato il risultato (lusinghiero) è stato quello di rendere possibile a molti individui di accedere alle immersioni subacquee dall’altro la pinna è stata leggermente snaturata e non consente ai più esperti di esprimere il massimo rendimento proprio perché l’attrezzo non è stato pensato per loro.
Mescole molto morbide e leggere, ampie finestre di deflusso dell’acqua, forme particolari e molto altro hanno reso le pinne tanto comode da non sentirle ai piedi; purtroppo la sensazione piacevole per molti che percepiscono grandissima comodità si traduce nell’incapacità dell’attrezzo di tramutare la forza applicata dal subacqueo in movimento. E la sensazione di non sentire le pinne ai piedi si trasforma in una sensazione di grande frustrazione.Valutare ora quale sia la pinna migliore è molto difficile perché la pinna deve adattarsi al subacqueo ma il subacqueo deve saper pinneggiare. Individuare un attrezzo che perdona tanti errori non può essere un alibi per evitare di apprendere la tecnica giusta. Per valutare effettivamente quale sia la migliore pinna occorre effettuare una prova comparativa: diversi subacquei effettuano un identico percorso alternandosi nell’uso di vari modelli e valutando a posteriori la prestazione (tempo impiegato a percorrere una determinata distanza). Un’autorevole rivista Inglese effettuò tale test ed i risultati scaturiti furono sorprendenti: alcune blasonate pinne fecero una magra figura disattendendo quasi totalmente quanto dichiarato dalle aziende.
La scarpetta deve essere morbida in corrispondenza del collo del piede per non infastidire, ma deve avere il plantare sufficientemente rigido per trasmettere la forza alla pala.La pala deve mostrare una certa consistenza ed elasticità: la dobbiamo sentire. Basta afferrare la pinna all’estremità della pala e saggiarne la reazione elastica: se cede troppo meglio scegliere altro modello.
Tra i brevetti maggiormente in voga annoveriamo quelli della Nature Wings, azienda americana specializzata nella ricerca applicata la settore delle pinne, oggi utilizzati su licenza dalla maggior parte delle aziende specializzate. A parità di disegno la differenza di resa è data proprio dal materiale e coincidenza strana la gomma ha ancora le migliori performance. I longheroni della pinna dovrebbero essere elastici e corposi in modo da rendere la pala scattante in fase di pinneggiata.
Fatte queste considerazioni preliminari occorre poi provare la pinna a secco e verificare quale meglio si adatta al nostro piede e quindi quale marca di pinna più si adatta al nostro corpo.Il consiglio: apprendere la tecnica e acquistare un buon paio di pinne che non necessariamente sono le più costose o le più pubblicizzate.
La maschera del subacqueo
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OROLOGI SUBACQUEI UZI


La Uzi, mitraglietta camerata in 9mm parabellum prodotta dalla I.M.I.(Israeli Miltary Industries) è probabilmente una delle armi automatiche più conosciute e diffuse al mondo.
La nuova arma impressionò a tal punto le alte sfere dell’esercito israeliano che poco tempo dopo, esattamente nel 1956, venne prodotta dalla IMI.
L’azienda armiera, in onore di Uziel Gal (che si oppose senza successo a questa scelta) diede alla mitraglietta il nome di “Uzi”.
Nel 1958 la Uzi entrò nell’arsenale di un paese europeo, venne infatti adottata dall’esercito Olandese, seguito, nel giro di pochi anni, da molte altre forze armate europee. Nel 1974 consolidò definitivamente il suo posto nell’esercito israeliano, sostituendo l’obsoleto Galil.
Famosa anche ai ”non addetti” del settore armiero grazie a svariati film di Hollywood, che nelle più grandi scene di azione hanno fatto massiccio uso di questo compatto mitra dal design squadrato e aggressivo, è conosciuta e apprezzata (in maniera più tecnica) da eserciti e polizie di svariati stati (e anche alle forze a loro contrapposte, quali gruppi terroristici e criminali) grazie alle sue grandi qualità.
Infatti la piccola Uzi, oltre all’eccellente affidabilità, è un’arma molto precisa nonostante le sue ridotte dimensioni e, non meno importante, non richiede costi eccessivi per la sua produzione.
Estremamente sicuro anche il maneggio dell’arma, infatti le sicure presenti sono due, la prima è quella gestita dal selettore di fuoco (come nella stragrande maggioranza delle armi moderne) mentre la seconda si trova nella parte posteriore dell’impugnatura, e viene rilasciata semplicemente impugnando l’arma (per alcuni viene ritenuta pericolosa, poiché un’impugnatura scorretta, che potrebbe verificarsi nell’agitazione di una battaglia, porterebbe al bloccaggio del grilletto).
Attualmente è prodotta dalla IMI e, sotto licensa, dalla FN di Herstal in Belgio in numerose varianti. Infatti oltre al normale modello, troviamo la Mini-Uzi, di uguale calibro ma di dimensioni più compatte, fino ad arrivare all’estrema Micro-Uzi, pistola mitragliatrice lunga circa 25cm, sicuramente inutile in battaglia per le ridottissime dimensioni e la precisione quasi inesistente, ma ottima per guardie del corpo e operatori di servizi di sicurezza.
Ma oggi UZI non è più solo sinonimo di mitragliette ma anche di orologi subacquei per impiego militare. Ma da un marchio come UZI non ci si poteva aspettare che un orologio all'avanguardia ed ecco quindi un massiccio impiego di tecnologia per rendere gli orologi militari UZI facili da leggere, ergonomici e affidabili. In tutta la linea di orologi UZI ritroviamo inpiego di retroilluminazione permanente ottenuta grazia a tecnologia H3 TRASER basata su fiale di Tritio.
La campagna promozionale della UZI mirata sugli orologi ben riassume caratteristiche ed origine militare dei suoi orologi.