giovedì 24 luglio 2008

Indossare muta stagna con cerniera posteriore


Vogliamo mostrare attraverso una breve sequenza di immagini come si indossa una muta stagna con cerniera posteriore.



Spesso, bastano pochi trucchi per ottimizzare e rendere veloce la vestizione di una muta stagna.


Niente di troppo complicato, solo un minimo di manualità.
Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it


mercoledì 23 luglio 2008

Marcus Werneck

Marcus Werneck in azione a cura di Fabrizio Pirrello.







Marcus Werneck è un subacqueo tecnico Brasiliano che non ha bisogno di presentazioni. E' personaggio carismatico della subacquea Brasiliana sia ricreativa che tecnica.


Per anni è stato istruttore della Federazione Subacquea del Brasile per poi assumere la guida della Professional Diving Instructor Corporation in America Latina. Ha sviluppato programmi di addestramento innovativi sia nel settore ricreativo che tecnico. Di rilievo aver introdotto il concetto della pratica dell'attività subacquea come stile di vita più che semplice attività sportiva.


Werneck è stato anche membro GUE e responsabile di svariati programmi addestrativi.


Marcus Werneck oggi è in SSI America Latina.


Per la GRAVITY ZERO, Marcus Werneck ha attivamente contribuito allo sviluppo di prodotti come la stagna in trilaminato TXT RANGER FZ che egli stesso adotta per le sue immersioni.
Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it


Miroslav Stehno in azione in Repubblica Ceca

Miroslav Stehno, distributore per la Repubblica Ceca dei prodotti GRAVITY ZERO, è un subacqueo tecnico molto stimato nell'ambiente.

Come nello stile della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment il cliente finale può sempre contare sul supporto professionale fornito da subacquei che utilizzano in prima persona i prodotti consigliati.







Grazie a questo continuo rapporto di collaborazione con subacquei professionisti il prodotto GRAVITY ZERO è in continua evoluzione.

Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it






Nick Toussaint veste GRAVITY ZERO

Nick Toussaint, uno dei subacquei tecnici più quotati a livello internazionale veste mute stagne GRAVITY ZERO.

Per anni Nick ha adottato la TLS 350 DUI ma da circa un anno è passato al modello TLS RANGER FZ Limited Edition in trilaminato della GRAVITY ZERO. Il motivo del cambio è legato alla preferenza accordata al prodotto italiano che a dire del Toussaint è perfettamente equivalente se non superiore al prodotto americano. Vestibilità, robustezza, affidabilità, robustezza sono caratteristiche essenziali in una muta stagna destinata ad un impiego gravoso e la stagna in trilaminato della GRAVITY ZERO risponde perfettamente allo scopo.






Nick Toussaint si occupa di formazione di subacquei e maggiori informazioni possono essere reperite presso il suo sito web http://www.nick-toussaint.com/.

Nick ha recentemente effettuato una selezione tra le migliori attrezzature disponibili sul mercato e ne illustra in dettaglio le caratteristiche sul suo sito web.

Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it


venerdì 7 marzo 2008

Vendita promozionale mute stagne

Nella sezione OFFERTE SPECIALI dello shop http://www.gravityzero.it/ ho listato le mute stagne nuove del campionario (polsini aperti) e quelle utilizzate in studio per realizzare servizio fotografico. La garanzia è valida su tutte le mute e deve ancora essere registrata. Sono state listate anche le mute stagne impiegate per prove dimostrative in mare. Chi fosse interessato può mettersi in contatto via mail a questo indirizzo: info@gravityzero.it Saluti Fabrizio

Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it

sabato 19 gennaio 2008

MUTA STAGNA CNX RANGER BZ




CNX RANGER BZ 2 mm



disegnata
e realizzata da



GRAVITY ZERO - TECHNICAL DIVING EQUIPMENT

Qualche rigo per raccontare come nasce la stagna CNX
RANGER FZ 2 mm e come il nome stesso riassuma tutti i dettagli del
progetto.



CNX è l'acronimo di Compressed Neoprene Extra chè
il tipo specifico di neoprene ipercompresso che utilizziamo per la
confezione. Questo neoprene precompresso abbina doti di
elasticità e flessibilità accompagnate da un
elevato grado di resistenza alla compressione. La mescola di gomma
è stata accoppiata a due differenti tipi di fodera per
ottenere il risultato ottimale che desideravamo. L'esterno è
una fodera del tipo Millennium Diamond in nylon per resistere
alle abrasioni ed ai tagli legati ad impiego gravoso. La fodera interna
invece privilegia la scorrevolezza per non creare attriti con il
sottomuta. Ulteriore lavorazione sulla trama per ottenere effetto anti
batterico.



Il nome RANGER chiarisce bene l'origine militare del progetto. Si
doveva realizzare una muta stagna da immersione operativa con elevato
comfort, eccellente libertà di movimento abbinata a
protezioni nelle zone critiche. Le ginocchiere sono rinforzate
in neoprene CNX mentre la patta di protezione della cerniera
T-Zip è in Cordura.



BZ indica Back Zip cioè cerniera spalla - spalla.



La CNX RANGER è la proposta della GRAVITY ZERO per
i commercial divers e per gli sportivi impegnati.





  • Materiale: neoprene ipercompresso da 2mm CNX con fodera
    antitaglio


  • Giunzioni a triplo incollaggio e sigillatura interna con
    ADS Polymer Sealant con garanzia a vita sulla tenuta stagna


  • Cerniera stagna amagnetica a ridotta manutenzione


  • Posizione cerniera: posteriore


  • Protezione cerniera stagna in Cordura


  • Valvole carico Si Tech rotante a
    360°a basso profilo


  • Valvole scarico a basso profilo della Si Tech
    automatica e regolabile


  • Collarino stagno in neoprene ultra elastico antistrappo


  • Polsini in neoprene con liscio interno


  • Taglio anatomico e preformato per la massima
    libertà di movimento


  • Ginocchiere rinforzate


  • Sacca trasporto inclusa


  • Calzari integrati nel nuovo modello Turbo Sole con
    regolazione alla caviglia per la max libertà di movimento
    dell'articolazione in pinneggiata



martedì 8 gennaio 2008

UZI DIVER WATCHES

La Uzi,
mitraglietta camerata in 9mm parabellum prodotta dalla
I.M.I.(Israeli Miltary Industries) è probabilmente una
delle armi automatiche più conosciute e diffuse al
mondo.


Mitraglietta UZIIl suo creatore, Uziel
Gal(1923-2002), iniziò a studiare ingegneria meccanica
nel mezzo degli anni 40, e grazie alle sue conoscenze progettò, nel 1950, una
mitraglietta ispirata alla SMG cecoslovacca M25.

Uziel Gal ideatore della mitraglietta UZILe sue caratteristiche principali erano l’alta
affidabilità anche in situazioni estreme, la leggerezza
e il fatto di avere il caricatore posto esattamente
all’interno dell’impugnatura,quindi in condizioni di
scarsa visibilità un utilizzatore avrebbe dovuto
semplicemente avvicinare le due mani per “incontrare” la
sede del caricatore, invece di cercarla a tastoni per
tutta la lunghezza dell’arma.

La nuova arma impressionò a tal punto le alte sfere
dell’esercito israeliano che poco tempo dopo,
esattamente nel 1956, venne prodotta dalla IMI.

L’azienda armiera, in onore di Uziel Gal (che si oppose
senza successo a questa scelta) diede alla mitraglietta
il nome di “Uzi”.


UZI distributito da GRAVITY ZERO


Militare Israeliano con mitraglietta UZI
Nel 1958 la Uzi entrò nell’arsenale di un paese europeo,
venne infatti adottata dall’esercito Olandese, seguito,
nel giro di pochi anni, da molte altre forze armate
europee. Nel 1974 consolidò definitivamente il suo posto
nell’esercito israeliano, sostituendo l’obsoleto Galil.


Famosa anche ai ”non addetti” del
settore armiero grazie a svariati film di Hollywood, che
nelle più grandi scene di azione hanno fatto massiccio
uso di questo compatto mitra dal design squadrato e
aggressivo, è conosciuta e apprezzata (in maniera più
tecnica) da eserciti e polizie di svariati stati (e anche
alle forze a loro contrapposte, quali gruppi
terroristici e criminali) grazie alle sue grandi
qualità. Riviste che ritraggono mitraglietta UZI in azione



Infatti la piccola Uzi, oltre all’eccellente
affidabilità, è un’arma molto precisa nonostante le sue
ridotte dimensioni e, non meno importante, non richiede
costi eccessivi per la sua produzione.




Estremamente sicuro anche il maneggio dell’arma, infatti
le sicure presenti sono due, la prima è quella gestita
dal selettore di fuoco (come nella stragrande maggioranza
delle armi moderne) mentre la seconda si trova nella
parte posteriore dell’impugnatura, e viene rilasciata
semplicemente impugnando l’arma (per alcuni viene
ritenuta pericolosa, poiché un’impugnatura scorretta,
che potrebbe verificarsi nell’agitazione di una
battaglia, porterebbe al bloccaggio del grilletto). Attentato presidente USA



Attualmente è prodotta dalla IMI e,
sotto licensa, dalla FN di Herstal in Belgio in numerose
varianti.
Infatti oltre al normale modello, troviamo la Mini-Uzi,
di uguale calibro ma di dimensioni più compatte, fino ad
arrivare all’estrema Micro-Uzi, pistola mitragliatrice
lunga circa 25cm, sicuramente inutile in battaglia per
le ridottissime dimensioni e la precisione quasi
inesistente, ma ottima per guardie del corpo e operatori
di servizi di sicurezza.



Mini Uzi(a sinistra) e Micro Uzi(a destra)
Ma oggi UZI non è più solo sinonimo di mitragliette
ma anche di orologi subacquei per impiego militare. Ma da un marchio
come UZI non ci si poteva aspettare che un orologio
all'avanguardia ed ecco quindi un massiccio impiego di tecnologia
per rendere gli orologi militari UZI facili da leggere, ergonomici e
affidabili. In tutta la linea di orologi UZI ritroviamo inpiego di
retroilluminazione permanente ottenuta grazia a tecnologia H3 TRASER
basata su fiale di Tritio.

La campagna promozionale della UZI mirata sugli orologi ben riassume caratteristiche ed origine militare dei suoi orologi.

UZI Protector Watch Advertisement


















lunedì 30 aprile 2007

Maschera Frameless

Considerata l'importanza di questo elemento, vi consigliamo di non risparmiare sull'acquisto della maschera. Gli appassionati di fotografia subacquea apprezzeranno soprattutto i modelli a lente unica che valorizzano maggiormente il viso. Cercate di non acquistare una maschera troppo piccola, in quanto potrebbe causare mal di testa durante l'immersione o al momento dell'uscita dall'acqua. Indossando per la prima volta una maschera nuova, non dimenticate di rimuovere la pellicola in silicone che avvolge il vetro. Se questa operazione non viene effettuata, si formera' continuamente della condensa nella maschera. Sfregate i due lati del vetro con del detersivo per i piatti o del dentrificio. Non utilizzate prodotti alcolici! Rischiereste di rovinare il labbro della maschera. Quando si sente parlare di cerchietto, facciale, fibbia e cinghiolo, e' facile intuire che qualcuno sta' discutendo di maschere e, forse, chi non e' un subacqueo non riesce a comprendere cosa ci sia tanto da discutere su un oggetto cosi' semplice e comune. Forse e' vero, ma chi si immerge ben conosce l'importanza di questo indinsensabile oggetto cin grado di influire pesantemente sulla riuscita dell'immersione. Tutti , chi prima o chi dopo, hanno provato il fastidio generato da piccole infiltrazioni di acqua che lentamente si insinuano nella maschera costringendo a continui svuotamenti. Questo conferma che e' necessario provare la maschera che si adatta perfettamente alla conformazione del proprio viso e naturalmente che abbia anche caratteristiche adatte all 'attivita' che svolgiamo in immersione perche' la scelta del modello dipende anche da questo. La tendenza generalizzata dalla nuova produzione e' quella di proporre maschere con un volume interno ridotto, con cristalli sistemati alla minor distanza possibile dall'occhio , per aumentare il campo visivo. La struttura portante di una maschera e' costituita da un facciale morbido al quale sono uniti i vetri , bloccati dal cerchietto rigido che ha la funzione di mantenerli complanari e rendere stagna l'unione fra due elementi. Il facciale oggi e', in qualche modello, ancora realizzato con una mescola di gomma naturale ma , per la maggior pate delle maschere prodotte , il materiale utilizzato e' il silicone che, con le sue particolari caratteristiche conferisce una maggiore aderenza, leggerezza e morbidezza oltre a non risentire degli effetti dell'ambiente marino. Consente , inoltre, di offrire maschere colorate che migliorano il look e soddisfano chi desidera abbinare i colori delle proprie attrezzature. Il facciale nella parte che appoggia al viso e' realizzato con una morbida flangia la cui conformazione, unitamente a quella di tutto il profilo, e' stremamente importante perche' garantisce a tenuta all'acqua e deve perfettamente adattarsi alla forma del viso . Il cinghiolo e' un altro elemento fondamentale della maschera ma la sua funzione non deve essere travisata. Serve esclusivamente a trattenere la maschera sul viso e non deve essere eccessivamente teso per ovviare ad eventuali infiltrazioni. Un tempo era collegato direttamente al facciale tramite semplici fibbie in metallo, oggi, invece, grazie all'impegno profuso dai produttori nel realizzare attrezzature sempre piu' comode e sicure, lo stesso è agganciato alla maschera tramite vere e proprie fibbie facilmente regolabili anche in immersione con la maschera indossata ed in alcuni casi anche basculanti per consentire di sistemarlo nella migliore posizione sulla nuca . Le diverse attivita' praticate in immersione hanno portato a realizare modelli con differenti soluzioni. Troviamo maschere con ridottissimi volumi interni e vetri separati, adatte ai pescatori o a chi fotografa, perche' consentono ai primi di immettere all'interno poca aria durante la discesa per ovviare allo sciacciamento della maschera sul viso ed ai secondi perche' la vicinanza delle lenti all'occhio permette una migliore visione nel mirino della macchna fotografca, e altre leggermente piu' grandi adatte per ci si immerge solamente per osservare richiedendo piu' comodita' ed un miglior campo visivo in tutte le direzioni. In ultimo le famose Frameless ovvero le maschere senza telaio a lente unica che consento un perfetta addattabilità ed aderenza alla maggior parte dei profili facciali ed alla incredibile angolatura del campo visivo che puo raggiungere i 170° .

giovedì 12 aprile 2007

COCHRAN EMC 20H Low Mu



Cochran Undersea Technology presenta il nuovo EMC-20H Low Mu : ultima versione militare del già noto EMC 20H a cura di Fabrizio Pirrello



Il nuovo EMC-20H Low Mu della Cochran Undersea Technology è un computer da immersione compatibile con miscele Trimix ed Heliox che adotta il recente algoritmo codificato come Cochran Environmental & Microbubble Cognizant basato su 20 compartimenti. L’unità si caratterizza per la bassissima segnatura magnetica. Il computer EMC 20H Low Mu eccede le specifiche militari richieste per i teams impegnati in operazioni di sminamento. Il prodotto è stato concepito per essere impiegato nele più disparate condizioni d’immersione con un occhio di riguardo a quelle che sono le specifiche d’impiego militare.
L’ EMC-20H Low Mu è dotato del Touch Contact Programming e di alimentazione con batterie Lithium per incrementare l’affidabilità, la versatilità e la durata del ciclo di vita delle batterie. "Quando la versione civile EMC-20H è stata testate ed approvata da svariate marine militari, abbiamo ricevuto la richiesta di ridurre la segnatura magnetica dell’unità " dice Mike Cochran, Presidente e CEO della Cochran Undersea Technology.
"L’EMC 20H Low Mu è la medesima versione robusta, affidabile del EMC 20H per impiego civile ma adotta una serie di materiali che rendono il computer amagnetico come richiesto dale applicazioni militari.
Questa innovazione sarà sicuramente di grande interesse per vari reparti speciali"
L’EMC-20H Low Mu va a sostituire il NAVY VVAL 18, al quale aggiunge tutte le caratteristiche di flessibilità d’impiego e di facilità d’uso della versione civile EMC. Troviamo infatti il medesimo algoritmo decompressivo in tutta la serie di computer da immersione Cochran Undersea Technology.
Per maggiori informazioni clicka qui

giovedì 5 aprile 2007

Gli Erogatori

A cura di Fabrizio Pirrello
La funzione primaria di un erogatore è quella di consentire la respirazione in immersione. Se ci limitassimo all’essenziale, tale funzione viene assolta dalla totalità degli erogatori in commercio e potremmo, quindi, affermare che gli schemi progettuali di tali strumenti siano tutti efficaci. Si potrebbe essere portati deduttivamente a pensare anche che gli erogatori siano tutti uguali o che ci sia una certa omogeneità di prestazioni, ma ciò in realtà non corrisponde al vero. Abbandonando tale semplicistica visione che impedisce di affrontare il problema in maniera compiuta, si può affermare che: non basta fornire aria al subacqueo, ma è necessario fornirla in un certo modo. L’erogatore è, infatti, il cuore pulsante dell’apparato subacqueo, il più importante ed il più delicato.

Molti produttori o distributori si soffermano alquanto sulla portata d’aria di un erogatore, dichiarando flussi anche superiori a quanto si riscontra con un semplice test. Sufficiente leggere la portata dichiarata al I°stadio e collegare lo stesso alla rubinetteria di un gruppo carico. Supponiamo di utilizzare una bombola da 15 litri caricata a 200 bar: 3000 litri di aria disponibili. Se colleghiamo il primo stadio con tutte le fruste disassemblate ed i tappi di media ed alta pressione rimossi ed apriamo il rubinetto della bombola, stando ai dati dichiarati, dovremmo riuscire a vuotare la bombola stessa in un tempo di 1 minuto o anche meno stando al dichiarato.
Molto importante, invece, è la modalità con cui l’erogatore fornisce aria respirabile, cioè la qualità dell’erogazione. Determinante è: quanto l’erogatore ci consente di respirare in immersione in maniera naturale. Lo sforzo inspiratorio quanto lo sforzo espiratorio devono essere molto bassi, l’erogazione deve essere lineare, senza inutili quanto fastidiose “sparate” d’aria. Se consideriamo, quindi, l’erogatore sotto l’aspetto della qualità dell’erogazione, l’offerta del mercato diventa - così - molto più ristretta. Anche la normativa, che fissa le prestazioni minime che uno strumento deve avere, non è omogenea.
Lo standard CE EN250 è molto meno significativo del parametro fornito dalla US NAVY (norma molto più restrittiva della EN 250). Sarà da preferire, ovviamente, uno strumento che disponga di questa seconda certificazione.
Sul mercato, a fronte di un’offerta apparentemente molto diversificata, poche sono le novità di rilievo nella produzione. Nel catalogo di molte aziende si avvicendano, con una frequenza molto più elevata che in passato, numerosi modelli di erogatore che si distinguono dai vecchi nella forma esteriore, restando spesso nella sostanza le medesime macchine. Di converso, altre aziende mantengono in catalogo modelli ben collaudati che resistono per anni senza modifiche, a riprova della validità dei progetti iniziali. Nella scelta, quindi, non lasciamoci ingannare da chi presenta ogni stagione modelli nuovi e accattivanti: poca tecnologia e molto marketing.
Sul versante dei materiali impiegati, valutare la qualità e la convenienza dei materiali impiegati è cosa molto difficile per un non addetto al settore. Alcuni materiali, come ad esempio le leghe leggere o il titanio, non aggiungono nulla in termini di prestazioni e sono a volte causa di qualche problema in fase di impiego reale.
Inoltre, l’impiego di taluni materiali fa aumentare considerevolmente i costi rispetto all’impiego dei ben collaudati materiali tradizionali.

Attacco DIN o INT? L’INT è ancora molto diffuso, tuttavia il DIN è estremamente più sicuro. Occorre però aggiungere, per completezza, alcune considerazioni. Le bombole alle quali connettiamo i nostri erogatori hanno delle specifiche pressioni di esercizio che vanno tassativamente rispettate. Analogo discorso per quanto riguarda gli attacchi degli erogatori. Posto che in Italia la pressione di esercizio massima consentita è di 250 bar e che esistono in commercio bombole omologate per quelle pressioni verifichiamo sempre che i nostri erogatori siano compatibili con le stesse.
Schematizzando:
attacco DIN 300 bar che monta su tutte le rubinetterie in circolazione
attacco a staffa INT 232 bar da utilizzarsi fino a detta pressione di esercizio
Se osserviamo con attenzione cosa accade nella produzione noteremo alcune incongruenze proprio in relazione agli attacchi. Ci sono aziende che commercializzano bombole da 18 litri a 220 bar di esercizio ed erogatori con attacchi DIN 200 bar (stampigliatura sull’attacco). Appare evidente che montare un attacco DIN 200 bar sulla rubinetteria di una bombola carica a 220 bar crea qualche problema in termini di sicurezza. Spesso nulla accade, proprio grazie ad una certa tolleranza dei pezzi che sono sovradimensionati rispetto all’impiego per cui sono progettati. L’operazione è, comunque, sempre impropria quando non si rispettano le pressioni di esercizio di erogatori e relativi attacchi.
Nella scelta dell’erogatore va tralasciato il più possibile il discorso estetico. La scelta cadrà sulla robustezza, l’affidabilità e la qualità. Verifichiamo l’ergonomia dello strumento. Il numero di attacchi di alta e bassa pressione devono essere sufficienti e ben distribuiti sul corpo del I° stadio per tutte le necessità. Le torrette girevoli sono inutili se le prese LP e HP sono ben orientate.
Sul secondo stadio verifichiamo invece la presenza o meno di pomelli vari di regolazione e poi chiediamoci se effettivamente ci servono o costituirebbero solo un’ulteriore complicazione in fase di manutenzione. La presenza di un boccaglio anatomico e ben conformato aggiunge parecchio comfort all’erogatore nell’uso quotidiano.
Da considerare anche con attenzione l’uso che faremo del nostro erogatore: immersioni in acque fredde (sotto i 15°C), immersioni in acque ricche di sospensione, immersioni lavorative, ecc..
Tendenzialmente, un modello di erogatore con I° stadio sigillato risolve le problematiche sopra citate senza l’ausilio di kit specifici.
Per quanto riguarda le prestazioni, orientiamoci in maniera decisa verso erogatori di fascia alta in quanto a performance. Comfort e sicurezza devono essere i parametri guida per poter godere appieno delle immersioni, piuttosto che il risparmio di qualche decina di euro.
Nella scelta dell’erogatore, un discorso spesso trascurato è quello della manutenzione, in termini di costi e disponibilità. I pezzi di ricambio devono essere facilmente reperibili e non devono avere un costo esagerato. Spesso la “ricambistica” ha in Italia un costo spropositato rispetto al valore del prodotto stesso. Richiediamo al rivenditore, se possibile, uno spaccato dell’erogatore che ci interessa con i relativi codici e costi al pubblico dei ricambi e dei kit di manutenzione programmata. Scopriremo dei particolari molto interessanti.
Sistema Octopus o due distinti secondi stadi? Molto meglio due erogatori distinti e separati, di pari livello.
Ho sentito spesso istruttori suggerire agli allievi di acquistare un secondo erogatore di basse prestazioni perché tanto non lo si usa mai ed altri suggerire di acquistare un secondo erogatore di prestazioni ancora migliori del primo. Entrambe le affermazioni sono errate. Un secondo erogatore potrebbe essere impiegato in un ipotetico caso di emergenza e quindi un erogatore di scarse prestazioni creerebbe ulteriori problemi proprio nella delicata fase di un’emergenza. Un secondo erogatore migliore del primo finirebbe per essere utilizzato come erogatore primario, perché non avrebbe senso alcuno respirare sempre da un erogatore di basse prestazioni. La soluzione corretta è adottare, da subito, due erogatori separati di ottimo livello ed identici in modo da alternarne l’uso in immersione (o anche in più immersioni) in modo da sfruttare entrambi ed abituarsi, nel contempo, a cambiare erogatore in immersione. Ciò consentirà di verificarne continuamente il corretto funzionamento di entrambi ed eventualmente intervenire con la manutenzione.