giovedì 24 luglio 2008
Indossare muta stagna con cerniera posteriore
mercoledì 23 luglio 2008
Marcus Werneck
Miroslav Stehno in azione in Repubblica Ceca
Come nello stile della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment il cliente finale può sempre contare sul supporto professionale fornito da subacquei che utilizzano in prima persona i prodotti consigliati.
Grazie a questo continuo rapporto di collaborazione con subacquei professionisti il prodotto GRAVITY ZERO è in continua evoluzione.
Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it
Nick Toussaint veste GRAVITY ZERO
Per anni Nick ha adottato la TLS 350 DUI ma da circa un anno è passato al modello TLS RANGER FZ Limited Edition in trilaminato della GRAVITY ZERO. Il motivo del cambio è legato alla preferenza accordata al prodotto italiano che a dire del Toussaint è perfettamente equivalente se non superiore al prodotto americano. Vestibilità, robustezza, affidabilità, robustezza sono caratteristiche essenziali in una muta stagna destinata ad un impiego gravoso e la stagna in trilaminato della GRAVITY ZERO risponde perfettamente allo scopo.
Nick Toussaint si occupa di formazione di subacquei e maggiori informazioni possono essere reperite presso il suo sito web http://www.nick-toussaint.com/.
Nick ha recentemente effettuato una selezione tra le migliori attrezzature disponibili sul mercato e ne illustra in dettaglio le caratteristiche sul suo sito web.
Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it
venerdì 7 marzo 2008
Vendita promozionale mute stagne
Se vuoi approfondire il discorso immersioni ed attrezzature visita il sito della GRAVITY ZERO - Technical Diving Equipment http://www.gravityzero.it
sabato 19 gennaio 2008
MUTA STAGNA CNX RANGER BZ
CNX RANGER BZ 2 mm
disegnata
e realizzata da
Qualche rigo per raccontare come nasce la stagna CNX
RANGER FZ 2 mm e come il nome stesso riassuma tutti i dettagli del
progetto.
CNX è l'acronimo di Compressed Neoprene Extra chè
il tipo specifico di neoprene ipercompresso che utilizziamo per la
confezione. Questo neoprene precompresso abbina doti di
elasticità e flessibilità accompagnate da un
elevato grado di resistenza alla compressione. La mescola di gomma
è stata accoppiata a due differenti tipi di fodera per
ottenere il risultato ottimale che desideravamo. L'esterno è
una fodera del tipo Millennium Diamond in nylon per resistere
alle abrasioni ed ai tagli legati ad impiego gravoso. La fodera interna
invece privilegia la scorrevolezza per non creare attriti con il
sottomuta. Ulteriore lavorazione sulla trama per ottenere effetto anti
batterico.
Il nome RANGER chiarisce bene l'origine militare del progetto. Si
doveva realizzare una muta stagna da immersione operativa con elevato
comfort, eccellente libertà di movimento abbinata a
protezioni nelle zone critiche. Le ginocchiere sono rinforzate
in neoprene CNX mentre la patta di protezione della cerniera
T-Zip è in Cordura.
BZ indica Back Zip cioè cerniera spalla - spalla.
La CNX RANGER è la proposta della GRAVITY ZERO per
i commercial divers e per gli sportivi impegnati.
- Materiale: neoprene ipercompresso da 2mm CNX con fodera
antitaglio - Giunzioni a triplo incollaggio e sigillatura interna con
ADS Polymer Sealant con garanzia a vita sulla tenuta stagna - Cerniera stagna amagnetica a ridotta manutenzione
- Posizione cerniera: posteriore
- Protezione cerniera stagna in Cordura
- Valvole carico Si Tech rotante a
360°a basso profilo - Valvole scarico a basso profilo della Si Tech
automatica e regolabile - Collarino stagno in neoprene ultra elastico antistrappo
- Polsini in neoprene con liscio interno
- Taglio anatomico e preformato per la massima
libertà di movimento - Ginocchiere rinforzate
- Sacca trasporto inclusa
- Calzari integrati nel nuovo modello Turbo Sole con
regolazione alla caviglia per la max libertà di movimento
dell'articolazione in pinneggiata
martedì 8 gennaio 2008
UZI DIVER WATCHES
La Uzi,
mitraglietta camerata in 9mm parabellum prodotta dalla
I.M.I.(Israeli Miltary Industries) è probabilmente una
delle armi automatiche più conosciute e diffuse al
mondo.
Il suo creatore, Uziel
Gal(1923-2002), iniziò a studiare ingegneria meccanica
nel mezzo degli anni 40, e grazie alle sue conoscenze progettò, nel 1950, una
mitraglietta ispirata alla SMG cecoslovacca M25.
Le sue caratteristiche principali erano l’alta
affidabilità anche in situazioni estreme, la leggerezza
e il fatto di avere il caricatore posto esattamente
all’interno dell’impugnatura,quindi in condizioni di
scarsa visibilità un utilizzatore avrebbe dovuto
semplicemente avvicinare le due mani per “incontrare” la
sede del caricatore, invece di cercarla a tastoni per
tutta la lunghezza dell’arma.
La nuova arma impressionò a tal punto le alte sfere
dell’esercito israeliano che poco tempo dopo,
esattamente nel 1956, venne prodotta dalla IMI.
L’azienda armiera, in onore di Uziel Gal (che si oppose
senza successo a questa scelta) diede alla mitraglietta
il nome di “Uzi”.
Nel 1958 la Uzi entrò nell’arsenale di un paese europeo,
venne infatti adottata dall’esercito Olandese, seguito,
nel giro di pochi anni, da molte altre forze armate
europee. Nel 1974 consolidò definitivamente il suo posto
nell’esercito israeliano, sostituendo l’obsoleto Galil.
Famosa anche ai ”non addetti” del
settore armiero grazie a svariati film di Hollywood, che
nelle più grandi scene di azione hanno fatto massiccio
uso di questo compatto mitra dal design squadrato e
aggressivo, è conosciuta e apprezzata (in maniera più
tecnica) da eserciti e polizie di svariati stati (e anche
alle forze a loro contrapposte, quali gruppi
terroristici e criminali) grazie alle sue grandi
qualità.
Infatti la piccola Uzi, oltre all’eccellente
affidabilità, è un’arma molto precisa nonostante le sue
ridotte dimensioni e, non meno importante, non richiede
costi eccessivi per la sua produzione.
Estremamente sicuro anche il maneggio dell’arma, infatti
le sicure presenti sono due, la prima è quella gestita
dal selettore di fuoco (come nella stragrande maggioranza
delle armi moderne) mentre la seconda si trova nella
parte posteriore dell’impugnatura, e viene rilasciata
semplicemente impugnando l’arma (per alcuni viene
ritenuta pericolosa, poiché un’impugnatura scorretta,
che potrebbe verificarsi nell’agitazione di una
battaglia, porterebbe al bloccaggio del grilletto).
Attualmente è prodotta dalla IMI e,
sotto licensa, dalla FN di Herstal in Belgio in numerose
varianti.
Infatti oltre al normale modello, troviamo la Mini-Uzi,
di uguale calibro ma di dimensioni più compatte, fino ad
arrivare all’estrema Micro-Uzi, pistola mitragliatrice
lunga circa 25cm, sicuramente inutile in battaglia per
le ridottissime dimensioni e la precisione quasi
inesistente, ma ottima per guardie del corpo e operatori
di servizi di sicurezza.
Ma oggi UZI non è più solo sinonimo di mitragliette
ma anche di orologi subacquei per impiego militare. Ma da un marchio
come UZI non ci si poteva aspettare che un orologio
all'avanguardia ed ecco quindi un massiccio impiego di tecnologia
per rendere gli orologi militari UZI facili da leggere, ergonomici e
affidabili. In tutta la linea di orologi UZI ritroviamo inpiego di
retroilluminazione permanente ottenuta grazia a tecnologia H3 TRASER
basata su fiale di Tritio.
La campagna promozionale della UZI mirata sugli orologi ben riassume caratteristiche ed origine militare dei suoi orologi.
giovedì 3 maggio 2007
lunedì 30 aprile 2007
Maschera Frameless
giovedì 12 aprile 2007
COCHRAN EMC 20H Low Mu
Il nuovo EMC-20H Low Mu della Cochran Undersea Technology è un computer da immersione compatibile con miscele Trimix ed Heliox che adotta il recente algoritmo codificato come Cochran Environmental & Microbubble Cognizant basato su 20 compartimenti. L’unità si caratterizza per la bassissima segnatura magnetica. Il computer EMC 20H Low Mu eccede le specifiche militari richieste per i teams impegnati in operazioni di sminamento. Il prodotto è stato concepito per essere impiegato nele più disparate condizioni d’immersione con un occhio di riguardo a quelle che sono le specifiche d’impiego militare.
giovedì 5 aprile 2007
Gli Erogatori
La funzione primaria di un erogatore è quella di consentire la respirazione in immersione. Se ci limitassimo all’essenziale, tale funzione viene assolta dalla totalità degli erogatori in commercio e potremmo, quindi, affermare che gli schemi progettuali di tali strumenti siano tutti efficaci. Si potrebbe essere portati deduttivamente a pensare anche che gli erogatori siano tutti uguali o che ci sia una certa omogeneità di prestazioni, ma ciò in realtà non corrisponde al vero. Abbandonando tale semplicistica visione che impedisce di affrontare il problema in maniera compiuta, si può affermare che: non basta fornire aria al subacqueo, ma è necessario fornirla in un certo modo. L’erogatore è, infatti, il cuore pulsante dell’apparato subacqueo, il più importante ed il più delicato.
Molti produttori o distributori si soffermano alquanto sulla portata d’aria di un erogatore, dichiarando flussi anche superiori a quanto si riscontra con un semplice test. Sufficiente leggere la portata dichiarata al I°stadio e collegare lo stesso alla rubinetteria di un gruppo carico. Supponiamo di utilizzare una bombola da 15 litri caricata a 200 bar: 3000 litri di aria disponibili. Se colleghiamo il primo stadio con tutte le fruste disassemblate ed i tappi di media ed alta pressione rimossi ed apriamo il rubinetto della bombola, stando ai dati dichiarati, dovremmo riuscire a vuotare la bombola stessa in un tempo di 1 minuto o anche meno stando al dichiarato.
Molto importante, invece, è la modalità con cui l’erogatore fornisce aria respirabile, cioè la qualità dell’erogazione. Determinante è: quanto l’erogatore ci consente di respirare in immersione in maniera naturale. Lo sforzo inspiratorio quanto lo sforzo espiratorio devono essere molto bassi, l’erogazione deve essere lineare, senza inutili quanto fastidiose “sparate” d’aria. Se consideriamo, quindi, l’erogatore sotto l’aspetto della qualità dell’erogazione, l’offerta del mercato diventa - così - molto più ristretta. Anche la normativa, che fissa le prestazioni minime che uno strumento deve avere, non è omogenea.
Lo standard CE EN250 è molto meno significativo del parametro fornito dalla US NAVY (norma molto più restrittiva della EN 250). Sarà da preferire, ovviamente, uno strumento che disponga di questa seconda certificazione.
Sul mercato, a fronte di un’offerta apparentemente molto diversificata, poche sono le novità di rilievo nella produzione. Nel catalogo di molte aziende si avvicendano, con una frequenza molto più elevata che in passato, numerosi modelli di erogatore che si distinguono dai vecchi nella forma esteriore, restando spesso nella sostanza le medesime macchine. Di converso, altre aziende mantengono in catalogo modelli ben collaudati che resistono per anni senza modifiche, a riprova della validità dei progetti iniziali. Nella scelta, quindi, non lasciamoci ingannare da chi presenta ogni stagione modelli nuovi e accattivanti: poca tecnologia e molto marketing.
Sul versante dei materiali impiegati, valutare la qualità e la convenienza dei materiali impiegati è cosa molto difficile per un non addetto al settore. Alcuni materiali, come ad esempio le leghe leggere o il titanio, non aggiungono nulla in termini di prestazioni e sono a volte causa di qualche problema in fase di impiego reale.
Inoltre, l’impiego di taluni materiali fa aumentare considerevolmente i costi rispetto all’impiego dei ben collaudati materiali tradizionali.
Schematizzando:
attacco DIN 300 bar che monta su tutte le rubinetterie in circolazione
attacco a staffa INT 232 bar da utilizzarsi fino a detta pressione di esercizio
Se osserviamo con attenzione cosa accade nella produzione noteremo alcune incongruenze proprio in relazione agli attacchi. Ci sono aziende che commercializzano bombole da 18 litri a 220 bar di esercizio ed erogatori con attacchi DIN 200 bar (stampigliatura sull’attacco). Appare evidente che montare un attacco DIN 200 bar sulla rubinetteria di una bombola carica a 220 bar crea qualche problema in termini di sicurezza. Spesso nulla accade, proprio grazie ad una certa tolleranza dei pezzi che sono sovradimensionati rispetto all’impiego per cui sono progettati. L’operazione è, comunque, sempre impropria quando non si rispettano le pressioni di esercizio di erogatori e relativi attacchi.
Nella scelta dell’erogatore va tralasciato il più possibile il discorso estetico. La scelta cadrà sulla robustezza, l’affidabilità e la qualità. Verifichiamo l’ergonomia dello strumento. Il numero di attacchi di alta e bassa pressione devono essere sufficienti e ben distribuiti sul corpo del I° stadio per tutte le necessità. Le torrette girevoli sono inutili se le prese LP e HP sono ben orientate.
Sul secondo stadio verifichiamo invece la presenza o meno di pomelli vari di regolazione e poi chiediamoci se effettivamente ci servono o costituirebbero solo un’ulteriore complicazione in fase di manutenzione. La presenza di un boccaglio anatomico e ben conformato aggiunge parecchio comfort all’erogatore nell’uso quotidiano.
Da considerare anche con attenzione l’uso che faremo del nostro erogatore: immersioni in acque fredde (sotto i 15°C), immersioni in acque ricche di sospensione, immersioni lavorative, ecc..
Tendenzialmente, un modello di erogatore con I° stadio sigillato risolve le problematiche sopra citate senza l’ausilio di kit specifici.
Per quanto riguarda le prestazioni, orientiamoci in maniera decisa verso erogatori di fascia alta in quanto a performance. Comfort e sicurezza devono essere i parametri guida per poter godere appieno delle immersioni, piuttosto che il risparmio di qualche decina di euro.
Nella scelta dell’erogatore, un discorso spesso trascurato è quello della manutenzione, in termini di costi e disponibilità. I pezzi di ricambio devono essere facilmente reperibili e non devono avere un costo esagerato. Spesso la “ricambistica” ha in Italia un costo spropositato rispetto al valore del prodotto stesso. Richiediamo al rivenditore, se possibile, uno spaccato dell’erogatore che ci interessa con i relativi codici e costi al pubblico dei ricambi e dei kit di manutenzione programmata. Scopriremo dei particolari molto interessanti.
Sistema Octopus o due distinti secondi stadi? Molto meglio due erogatori distinti e separati, di pari livello.
Ho sentito spesso istruttori suggerire agli allievi di acquistare un secondo erogatore di basse prestazioni perché tanto non lo si usa mai ed altri suggerire di acquistare un secondo erogatore di prestazioni ancora migliori del primo. Entrambe le affermazioni sono errate. Un secondo erogatore potrebbe essere impiegato in un ipotetico caso di emergenza e quindi un erogatore di scarse prestazioni creerebbe ulteriori problemi proprio nella delicata fase di un’emergenza. Un secondo erogatore migliore del primo finirebbe per essere utilizzato come erogatore primario, perché non avrebbe senso alcuno respirare sempre da un erogatore di basse prestazioni. La soluzione corretta è adottare, da subito, due erogatori separati di ottimo livello ed identici in modo da alternarne l’uso in immersione (o anche in più immersioni) in modo da sfruttare entrambi ed abituarsi, nel contempo, a cambiare erogatore in immersione. Ciò consentirà di verificarne continuamente il corretto funzionamento di entrambi ed eventualmente intervenire con la manutenzione.