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giovedì 29 marzo 2012

Tipologia di mute stagne di Fabrizio Pirrello

a cura di Fabrizio Pirrello

I materiali

Le mute stagne si dividono in due grandi famiglie: mute in tessuto e mute in neoprene.
Sono mute in tessuto tutte quelle mute realizzate in: trilaminato, poliuretano, trilaminato di poliestere, poldura, bilaminato, precompresso, ecc..
Sono mute in neoprene quelle realizzate con neoprene.
A queste due famiglie se ne aggiunge una terza: le mute in neoprene precompresso e le mute in neoprene a cellule rotte. Sono mute dell'ultima generazione che grazie all'impiego di materiali relativamente nuovi, cercano di cogliere gli aspetti positivi delle mute in tessuto e di quelle in neoprene.

Vediamo in sintesi le caratteristiche di queste tre famiglie di mute.


Mute in tessuto:



1. leggere e facili da asciugare
2. nessuna protezione termica
3. facili da riparare
4. molta libertà di movimento a secco
5. scarsa idrodinamicità

1. pesanti e difficili da asciugare
2. protezione termica in funzione dello spessore
3. non facili da riparare
4. scarsa libertà di movimento a secco
5. discreta idrodinamicità


1. pesanti e difficili da asciugare
2. ottima protezione termica se paragonata allo spessore
3. non facili da riparare
4. buona libertà di movimento a secco
5. ottima idrodinamicità
Mute in neoprene a cellule rotte:


1. pesanti e difficili da asciugare
2. scarsa protezione termica
3. difficili da riparare
4. buona libertà di movimento a secco
5. ottima idrodinamicità

Visto ciò, cerchiamo di tracciare delle linee guida che possano aiutare nella non facile scelta.

Le mute in tessuto hanno dalla loro una grande praticità di utilizzo, soprattutto fuori dall'acqua.

Le mute in neoprene sono calde in acqua, ma non molto pratiche da gestire per i loro ingombri, per il loro peso e per la difficoltà nell'asciugarsi.

Le mute in precompresso esprimono le loro migliori doti in immersione ove consentono idrodinamicità (taglio meno abbondante), protezione termica e robustezza; tuttavia finita l'immersione emergono il peso, la difficoltà nell'asciugarsi.

Le mute in neoprene a cellule rotte assomigliano molto alle mute in tessuto e come loro necessitano di sottomuta; in acqua tuttavia offrono grande comfort grazie al loro taglio non abbondante; il prezzo da pagare in superficie è dato da peso e lentezza nell'asciugarsi.

Nella scelta del modello più adatto, dobbiamo valutare quale sarà il tipo di utilizzo prevalente.

Non esiste in assoluto la stagna ideale, ma solo la stagna più adatta per certe condizioni.

Il consiglio
Individuato il modello che meglio risponde alle vostre esigenze guardate a questi particolari che si riveleranno estremamente importanti nell'uso pratico.
Taglia
Mai aderente. La stagna ha vestibilità comoda. La vestibilità andrebbe vista indossando lo stesso sottomuta che indosserete per le immersioni.

Stivaletto
No agli stivaletti enormi. Un buon stivaletto non blocca l'articolazione del piede, non costringe all'uso di pinne di taglia spropositata. E' piccolo e rinforzato solo dove serve: suola, tallone, punta.

Valvole
Carico e scarico devono essere montate con i relativi sottovalvola. La valvola di carico va sul petto o in posizione centrale o leggermente disassata. La valvola di scarico (automatica) va subito sotto il deltoide; l'automatismo del funzionamento richiede che la valvola di scarico si trovi nella parte più alta. Perchè fare movimenti inutili quali alzare il braccio piegando il gomito? Solo se le valvole saranno correttamente posizionate, l'uso sarà piacevole e naturale. No deciso a valvola di scarico su avambraccio.

Bretelle
Se la muta calza bene, a cosa servono? Pensate che delle bretelle veramente possano risolvere il problema originato da una taglia non corretta? Nel caso delle mute con busto telescopico invece le bretelle consentono il funzionamento del modello. Le bretelle devono essere elastiche e sganciabili con fastex per un maggiore comfort.

Nastratura
Una buona muta stagna è nastrata. La bandellatura interna è garanzia di tenuta nel tempo. Osservate in ogni caso la precisione della nastratura: avrete un'idea della cura posta nella realizzazione della muta. La nastratura può essere effettuata o con l'applicazione di un apposito nastro o con uno speciale sigillante polimerico. Assolutamente da evitare le nastrature applicate a caldo: non tengono nel tempo.

Assistenza
Prima o poi avrete necessità di assistenza per la vostra muta stagna: valutate se chi vi vende la stagna è in grado di fornirvi direttamente l'assistenza. Vi immaginate rimanere un mese o più senza la stagna in inverno per una banale rottura di un collarino? I rivenditori non sono tutti uguali. Nel prezzo di acquisto, è compreso anche il servizio di assistenza. Ma chiedetevi sempre: lo fanno loro il servizio di assistenza o la devono spedire a qualcuno?

Il costo
Il costo è un parametro che abbiamo volutamente trascurato finora. Infatti riteniamo che il costo di una muta stagna non vada visto solo come costo iniziale di acquisto, ma vada rapportato al tempo di utilizzo. In realtà una buona muta stagna è destinata a durare anni ed allora il costo per immersione di una stagna molto costosa può risultare paradossalmente più basso di quello di una stagna economica.

Il rivenditore
Una volta decisa la tipologia di muta che meglio risponde alle nostre esigenze dobbiamo scegliere dove acquistarla. Sembrerebbe la parte più semplice dell'operazione ma non è così. Un rivenditore che sia degno di questo nome ha la muta in deposito in tutte le taglie per farvela misurare. Se la deve ordinare allora potete tranquillamente ordinarla voi direttamente. Non tutti i rivenditori credono nel prodotto muta stagna e pertanto non ne hanno disponibilità. Nella scelta premiate chi ha investito sul prodotto ed ha in pronta consegna le mute e diffidate di chi deve solo ordinare il prodotto facendovi attendere.

Una buona muta stagna non può essere economica!
Per una selezione ampia di mute stagne vai su:

lunedì 26 marzo 2012

Nove trucchi per immergersi al meglio con la muta stagna




Nove trucchi per immergersi al meglio con la muta stagna.
di
Fabrizio Pirrello


Per continuare ad immergersi quando l’acqua è fredda diventa indispensabile utilizzare una muta stagna. Per intenderci definiremo fredda l’acqua quando la temperatura è inferiore ai 18°C. Immersioni con la muta umida con temperature dell’acqua inferiori ai 18°C diminuiscono sensibilmente l’efficienza e la capacità di concentrazione del subacqueo con un evidente aumento dei rischi. Con temperature nell’ordine dei 12°C o meno l’uso di una muta stagna si rivela indispensabile. Ovviamente con una buona muta stagna riusciremo a risolvere il problema del freddo, ma per utilizzarla al meglio occorre capirne a fondo il funzionamento. Utilizzare la muta stagna non è complicato. Ma se non si conoscono alcuni “trucchi” danneggiare la muta o farsi del male diventa estremamente semplice.




In sintesi ecco 9 trucchi per ottimizzare l’impiego della vostra muta stagna.
1 Assicuriamoci che le guarnizioni stagne a polsi e collo siano correttamente adattate e ben indossate.
In una muta stagna non c’è niente di peggio o di più fastidioso che ritrovarsi con polsini e collarino non adatti alla propria conformazione fisica. Se sulla vostra muta stagna avete delle guarnizioni in lattice, controllate la calzata e se risultano troppo strette procedete a rifilarle. L’operazione in sé non presenta eccessiva difficoltà ma richiede attenzione, pazienza ed un buon paio di forbici. Seguire i solchi sulle guarnizioni agevolerà notevolmente il lavoro. Attenzione nella misurazione: le guarnizioni per assolvere al proprio compito devono aderire; quindi il diametro delle guarnizioni stesse deve essere inferiore del 15% rispetto alla circonferenza di polsi e collo. Se la vostra stagna è equipaggiata con guarnizioni in neoprene, la misurazione è identica. La differenza è che le guarnizioni in neoprene non vanno rifilate ma “adattate” estendendole forzatamente. L’operazione si esegue facilmente con una bombola (per il collo) o con delle bottiglie (per i polsini). Il rivenditore saprà in ogni caso darvi i suggerimenti adeguati. Polsini e collarini ben conformati ed adattati saranno confortevoli da indossare e di nessun fastidio in immersione. Non usate la muta stagna in acqua prima di aver verificato ed adattato le guarnizioni stagne del capo.
2 Controlliamo la nostra muta almeno due giorni prima dell’immersione.
Le mute stagne sono dei capi estremamente affidabili e durevoli ma è buona norma procedere a dei controlli prima dell’immersione. Ciò è tanto più vero nel caso in cui la vostra muta stagna sia rimasta inutilizzata per qualche mese. Mai immergersi con la muta stagna se prima non si sono fatti i controlli. Cosa controllare nella stagna: cerniera stagna, polsini, collarino e valvole. Ma perché fare questi controlli due giorni prima dell’immersione? Perché altrimenti non avremmo il tempo per procedere alle riparazioni del caso. Scoprire che qualcosa non funziona la sera prima dell’immersione sarebbe veramente spiacevole.

3 Adeguate l’isolamento termico offerto dal sottomuta in funzione della temperatura dell’acqua e del carico di lavoro che vi accingete ad affrontare.
Uno dei maggiori vantaggi offerti da una muta stagna è che essa vi consentirà di affrontare un ampio range di temperature dell’acqua. Sarà sufficiente variare il tipo di indumento impiegato sotto la muta stagna. Il vostro isolamento termico dovrà variare secondo quelle che saranno le diverse condizioni dell’immersione. Indossare un sottomuta troppo termico o troppo poco termico porterà ad una generale perdita di confort. Occorre poi tenere presente che la tipologia di sottomuta adottato influenzerà anche la pesata d’assetto.
4 Indossate il minimo indispensabile di zavorra.
Indossate sempre la minima quantità possibile di zavorra quando vi immergete con la muta stagna. Quanto più contenuta risulterà la vostra zavorra, tanto più bassa sarà l’esigenza di caricare aria nella vostra muta stagna per raggiungere l’equilibrio idrostatico. Con la muta stagna occorre adottare la medesima procedura utilizzata con la muta umida per determinare la pesata d’assetto. Indossando l’equipaggiamento completo, con la stagna completamente collassata, il jacket sgonfio, un 50 bar di aria nella bombola con un’inspirazione completa dovreste rimanere perfettamente verticali in acqua, in galleggiamento (al livello degli occhi), senza dover effettuare alcuno sforzo. Quando espirate completamente dovreste invece affondare. Se queste due condizioni si verificano significa che avete raggiunto il vostro assetto neutro: cioè la vostra galleggiabilità non viene ad essere influenzata dall’equipaggiamento che indossateUna volta raggiunto l’assetto neutro, la quantità di zavorra che utilizzerete sarà esattamente quanto basta per consentirvi di effettuare in estrema tranquillità una eventuale sosta di decompressione. Questo è il motivo per cui la bombola non doveva essere completamente carica quando abbiamo seguito la procedura per la determinazione della pesata d’assetto.
5 Indossate sempre il giubbetto equilibratore con la muta stagna.
Indossare un giubbetto equilibratore quando si impiega la muta stagna è indispensabile. In immersione il giubbetto equilibratore viene impiegato per compensare le variazioni d’assetto (legate all’aumento della profondità) e fornisce un backup nel caso di rottura della muta stagna (per il raggiungimento dell’assetto positivo). In superficie invece il giubbetto equilibratore vi aiuterà a mantenere un assetto positivo evitando di insufflare aria nella muta stagna (evitando la spiacevole sensazione causata dall’accumulo di aria nella zona del collarino).
6 Immergetevi con un compagno che conosca il funzionamento della vostra muta stagna.
Quando vi immergete con la muta stagna, la presenza di un compagno d’immersione sarà sempre di notevole aiuto, a partire dalle operazioni di apertura e chiusura della cerniera stagna. Inoltre un compagno esperto saprà controllare il corretto posizionamento del collarino della vostra muta stagna e vi potrà persino aiutare nell’indossare e togliere la muta. In acqua invece un compagno d’immersione esperto, che conosca il funzionamento della vostra muta stagna, potrebbe essere di enorme aiuto in caso di difficoltà legate all’impiego della muta.
7 Frequentate un corso o uno stage di specializzazione.
Il modo migliore per acquisire padronanza nell’uso della muta stagna è frequentare uno stage di specializzazione. Il fai da te non è da considerare una scelta sbagliata ma sicuramente vi è una controindicazione: si impara dagli errori commessi invece che far tesoro di esperienze errate altrui. Inoltre un istruttore esperto e professionale vi insegnerà tutti i trucchi per impiegare al meglio la vostra muta stagna e per calcolare la corretta pesata. Eviterete di acquisire cattive abitudini nell’uso dell’equipaggiamento. Rivolgetevi sempre ad un centro specializzato che vi possa offrire anche la possibilità di noleggiare differenti tipologie di muta stagna per capire quale di esse risponde meglio alle vostre aspettative.
8 Fate molta pratica con la vostra muta stagna al fine di acquisire sempre maggiore padronanza.
Frequentato un corso specifico, l’apprendimento non è terminato: avete acquisito solo le basi del corretto impiego della muta stagna. Occorre a questo punto acquisire padronanza nell’uso dell’equipaggiamento. Tale padronanza si acquista con la pratica. Immergervi con la vostra muta stagna deve diventare perfettamente naturale; solo così potrete apprezzare in pieno i notevoli vantaggi che essa offre nell’esplorazione dei fondali. Abituatevi a riprendere la normale posizione di nuoto dopo essere finiti con i piedi verso l’alto a causa di un movimento dell’aria all’interno della muta. Imparate a localizzare rapidamente le valvole di carico e scarico dell’aria, a disconnettere la frusta di bassa pressione. Imparate a scaricare la muta dal collarino o dal polsino senza allagarvi. Imparate a scaricare la muta sia con la valvola di scarico settata su “automatico” che su “manuale”. Nessuna delle abilità sopra descritte è particolarmente difficile da acquisire: occorre pratica e buona volontà.
9 Effettuate una corretta manutenzione alla vostra muta stagna.
Premettiamo che una muta stagna richiede maggiore manutenzione rispetto ad una muta umida. La base della manutenzione è sicuramente un accurato lavaggio con acqua dolce dopo ogni immersione (prestando attenzione a non bagnare l’interno della muta). Ispezionate poi tutte le guarnizioni, la cerniera stagna e le valvole per individuare e prevenire fonti di problemi in immersione. Se l’interno della muta si presenta particolarmente umido o bagnato effettuiamo un check per individuare eventuali perdite. Cominciamo dagli stivaletti che impieghiamo per camminare. Proseguiremo gonfiando la muta e “saponandola” per evidenziare eventuali fori. Effettuati i controlli post immersione ed il lavaggio vediamo come dobbiamo riporre la muta. Facciamo asciugare la muta lontano dal sole e da fonti di calore; evitiamo di appenderla con i tradizionali appendini (per non stressarla) e non poggiamola su oggetti appuntiti. Il modo corretto di riporre la muta è piegarla e stivarla nella propria sacca (mai da umida!). La cerniera stagna andrà lubrificata periodicamente con l’apposita cera a conservata in posizione di apertura. Mai sottoporre la cerniera stagna a piegature eccessive. Le guarnizioni in latex vanno invece lubrificate con Talco puro; tale operazione agevola la vestizione e consente un corretto stoccaggio della muta. Evitate accuratamente di spruzzare spray al silicone sulla vostra muta stagna: non serve a mantenerla efficiente e renderà difficoltosi eventuali interventi di riparazione. Terminato l’uso della stagna riponetela asciutta nella sua borsa, lontano dalla luce, da fonti calore, dal sole e dall’umidità ed in luogo fresco; la cerniera sempre aperta e lubrificata; la muta bene arrotolata al fine di evitare pieghe eccessive.

Seguendo questi semplici e pochi trucchi apprezzerete in pieno il vantaggio di immergervi all’asciutto. Non c’è sostituto efficace di una buona muta stagna quando la temperatura comincia ad abbassarsi!


lunedì 26 marzo 2007

Le pinne del subacqueo

Testi e foto di: Fabrizio Pirrello



Sempre più spesso la pubblicità ci propone pinne in grado di farci muovere senza sforzo anche se le conoscenze scientifiche ci dicono che occorre applicare una certa forza per ottenere uno spostamento.Cerchiamo allora di fare una distinzione tra ciò che è marketing puro e ciò che è realtà.
E’ indubbio che progressi enormi sono stati raggiunti nel settore dei materiali e del design ma occorre sempre tener presente che mentre il design tende a far aumentare l’efficienza e l’efficacia di uno strumento, la ricerca nel settore dei materiali tende ad ottenere significativi risparmi sui costi.Ecco che la gomma viene soppiantata dai materiali termoplastici che se hanno una durata all’invecchiamento decisamente migliore hanno anche una resa inferiore rispetto alla gomma stessa.Da studi specificamente indirizzati al settore aeronautico e dallo studio delle pinne di animali acquatici si è preso spunto per disegnare pinne sempre più efficienti.
Chiariamo il concetto di utilità della pinna: amplificare la spinta che potrebbero avere i piedi nudi. In pratica la pinna, grazie alla sua forma, consente di spostare una maggior massa d’acqua per ottenere una spinta propulsiva più elevata. Maggiore la massa d’acqua interessata maggiore la spinta.
Ovviamente avere una spinta propulsiva eccezionale ma non essere in grado di utilizzarla per mancanza della potenza necessaria a gestirla è inutile. Le pinne allora devono essere adattate alla morfologia del subacqueo medio per consentire ai più di impiegare con efficacia lo stesso strumento.
La pinna quindi non deve solo sviluppare il massimo in termini di prestazioni ma deve essere fruibile dalla massa (salvo il caso delle pinne specialistiche).L’obiettivo finale della ricerca è quello di ottenere un prodotto industriale con caratteristiche di elevata efficienza ed efficacia. Efficienza intesa come massima resa in relazione alla forza applicata ed efficacia intesa come essere in grado di assolvere al proprio compito di facilitare lo spostamento del subacqueo.
Purtroppo quando si concepisce un attrezzo che possa essere utilizzato dai più occorre rinunciare a qualche caratteristica o meglio prescindere da qualche dato importante tipo la tecnica per utilizzarlo.
Il maggior limite di una pinna è molto spesso nel subacqueo che non ha la tecnica per impiegare al meglio la propria attrezzatura: non conosce la tecnica della pinneggiata.
I maggiori produttori hanno capito perfettamente questo aspetto e ne hanno fatto un punto di partenza per la progettazione. Se da un lato il risultato (lusinghiero) è stato quello di rendere possibile a molti individui di accedere alle immersioni subacquee dall’altro la pinna è stata leggermente snaturata e non consente ai più esperti di esprimere il massimo rendimento proprio perché l’attrezzo non è stato pensato per loro.
Mescole molto morbide e leggere, ampie finestre di deflusso dell’acqua, forme particolari e molto altro hanno reso le pinne tanto comode da non sentirle ai piedi; purtroppo la sensazione piacevole per molti che percepiscono grandissima comodità si traduce nell’incapacità dell’attrezzo di tramutare la forza applicata dal subacqueo in movimento. E la sensazione di non sentire le pinne ai piedi si trasforma in una sensazione di grande frustrazione.Valutare ora quale sia la pinna migliore è molto difficile perché la pinna deve adattarsi al subacqueo ma il subacqueo deve saper pinneggiare. Individuare un attrezzo che perdona tanti errori non può essere un alibi per evitare di apprendere la tecnica giusta. Per valutare effettivamente quale sia la migliore pinna occorre effettuare una prova comparativa: diversi subacquei effettuano un identico percorso alternandosi nell’uso di vari modelli e valutando a posteriori la prestazione (tempo impiegato a percorrere una determinata distanza). Un’autorevole rivista Inglese effettuò tale test ed i risultati scaturiti furono sorprendenti: alcune blasonate pinne fecero una magra figura disattendendo quasi totalmente quanto dichiarato dalle aziende.

Ora è impensabile per un subacqueo medio effettuaretale test per scegliere le proprie pinne ma forse possiamo tentare di fornire un qualche criterio guida per non ritrovarsi con un attrezzo inutile tra le mani.
La scarpetta deve essere morbida in corrispondenza del collo del piede per non infastidire, ma deve avere il plantare sufficientemente rigido per trasmettere la forza alla pala.La pala deve mostrare una certa consistenza ed elasticità: la dobbiamo sentire. Basta afferrare la pinna all’estremità della pala e saggiarne la reazione elastica: se cede troppo meglio scegliere altro modello.
Tra i brevetti maggiormente in voga annoveriamo quelli della Nature Wings, azienda americana specializzata nella ricerca applicata la settore delle pinne, oggi utilizzati su licenza dalla maggior parte delle aziende specializzate. A parità di disegno la differenza di resa è data proprio dal materiale e coincidenza strana la gomma ha ancora le migliori performance. I longheroni della pinna dovrebbero essere elastici e corposi in modo da rendere la pala scattante in fase di pinneggiata.
Fatte queste considerazioni preliminari occorre poi provare la pinna a secco e verificare quale meglio si adatta al nostro piede e quindi quale marca di pinna più si adatta al nostro corpo.Il consiglio: apprendere la tecnica e acquistare un buon paio di pinne che non necessariamente sono le più costose o le più pubblicizzate.